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Cos'è una tomba? Una linea d'ombra, una pietra fredda, il luogo di un ricordo? Cosa dice di noi quello spazio sepolto; di noi che passiamo la nostra esistenza in superficie, tra speranze e vanità? L'eco di queste domande - che Ugo Foscolo impresse più di duecento anni fa nei suoi versi, e che Marco Cazzato ha illustrato donando loro un corpo anch'esso poetico - risuona in noi ancora oggi. I sepolcri è un invito alla ricerca, ad andare oltre la soglia: un canto da cui sboccia il silenzio; un'apparizione, nascosta fra le pieghe di un libro. «All'ombra de' cipressi e dentro l'urne confortate di pianto è forse il sonno della morte men duro?» I sepolcri sono una domanda senza tempo sulla vita e sulla morte, un ragionamento in versi sulla soglia che tutti dovremo attraversare, composto attingendo a ogni energia crepuscolare, a ogni brace romantica di cui Ugo Foscolo era in possesso: che cosa resta di noi, quando di noi non resta più nulla, non il corpo, non la mente, non una stilla di vita? A che cosa serve una lastra di marmo o una sobria urna che ci ricordano ai vivi, nel momento in cui la nostra esistenza terrena si è infine compiuta? Quale speranza c'è nell'ombra eterna che raccolgono i cimiteri? Pubblicati nel 1807, dopo l'editto napoleonico di Saint-Cloud che stabiliva che le tombe fossero poste, tutte uguali e senza iscrizioni, al di fuori delle mura cittadine, i 295 endecasillabi dei Sepolcri tornano oggi a risplendere di nuovo buio, illuminati dai disegni di Marco Cazzato: l'incontro tra un passato che permane e un presente che fugge in avanti, a comporre un canto, infine, di conforto.